Moscato Aldo
Coniugato/a con: Miliani Annunziata
In Italia a: Livorno
Percorso di internamento: Apecchio (PS) dal 27/8 al 3/9/'40; Piandimeleto (PS) dal 4/9/'40 al 15/9/'41; Sant'Agata Feltria (PS) dal 16/9/'41 al 15/12/'42, data della revoca per "atto di clemenza del Duce".
Ultima località o campo rinvenuti: Sant'Agata Feltria (PS)
Deportato: no
Ucciso in Italia: no
Dopo la fuga e/o la liberazione a: Firenze
Fonti: ASCPM; A3-b.18; Car; ASCSAF; TCorr; Com.ELI; LM/AM; ASCLI.
Presente fasc. in ASP: no
Profilo biografico:
Presso l’Archivio di Stato di Pesaro su di lui non c'è fascicolo. I dati sono ricavati da altre fonti.
Rappresentante di commercio e commerciante al minuto di tessuti, viveva a Livorno. Nel luglio del '40 la prefettura della sua città motiva l'internamento definendolo "ebreo antifascista." Sua grande colpa era sostenere che Francia e Inghilterra avrebbero vinto la guerra.
Viene destinato alla Provincia di Pesaro. Nei due anni e mezzo di allontanamento da casa si muove sempre in questo ambito. Dopo un breve passaggio ad Apecchio è trasferito a Piandimeleto. Qui si ritrova con Giuseppe Levi e Giacobbe Fatucci.
Circa un anno dopo, viene trasferito d’ufficio da Piandimeleto con la motivazione che avrebbe dimostrato eccessiva "assiduità" nel frequentare gli abitanti e soprattutto i "sovversivi" del luogo.
Nella sede successiva, Sant'Agata Feltria, stabilisce un contatto importante se è vero che appeva vi giunge nel settembre del '41 si unisce al correligionario Vittorio Pugliese in una richiesta al podestà: insieme chiedono il permesso di celebrare le imminenti festività ebraiche, di ricevere libri di preghiere e di riunirsi per le funzioni religiose.
Riteniamo che abbiano ottenuto quello di cui avevano bisogno per analogia con altri casi della provincia dove si riscontra che era la Delasem di Genova - o quella di Napoli - a inviare il materiale ai municipi di riferimento.
La diffida prevista per gli internati viene firmata da Moscato davanti al podestà di Sant'Agata Feltria, Bellocchi, il 10 ottobre 1941, previa lettura delle prescrizioni. Fra queste, l'obbligo di presentarsi all'appello nelle ore prestabilite dall'autorità, di non allontanarsi dal centro abitato ad una distanza di un chilometro sulle tre strade d'accesso, e di non uscire prima dell'alba né rincasare dopo l'Ave Maria.
Intanto la condizione di ozio forzato, unita alle ristrettezze economiche, costituisce una pena che traspare nelle lettere, per lui come per altri internati. Per questo Aldo chiede di poter lavorare, essendo pratico di contabilità e di scrittura a macchina. Tuttavia, sembra che la richiesta non venga accolta, anche a detta di un testimone locale.
Il ritorno a Livorno è osteggiato dalle autorità, essendo egli inviso “specialmente agli squadristi”. Moscato chiede allora il trasferimento a Firenze e quando nel dicembre ’42 è prosciolto per atto di clemenza del duce, viene mandato obbligatoriamente nel capoluogo toscano.
Il testimone a cui abbiamo appena fatto cenno, Corrado Montironi, riferisce che l'internato per un periodo era alloggiato presso suo zio Augusto. Lo ricorda come una brava persona e un antifascista. Non lavorava, per il semplice fatto che non gli era permesso fare nulla.
Si rividero più avanti nel tempo a Firenze, dove Corrado era stato inviato in servizio militare, mentre Aldo ormai ci viveva. Il testimone ha in mente che in casa dell'ex internato era appesa una benemerenza a suo nome come pilota della Prima Guerra Mondiale. La loro amicizia fu provvidenziale dopo l'otto settembre '43 quando Corrado e un altro soldato fuggirono dalla caserma. Si rifugiarono proprio da Aldo Moscato che li rifornì di abiti "borghesi" e li indirizzò verso una via ferroviaria secondaria alla volta di Rimini. Dopo la Liberazione, Aldo fece visita a Corrado a Sant'Agata Feltria.
L'ex internato non tornò più a Livorno. Rimase a Firenze fino alla morte, avvenuta il 26 aprile 1987, all'età di 92 anni. Per altre notizie si può vedere Con foglio di via, citato nelle fonti pubblicate.