Birnbaum Leo
Leo Birnbaum in un'immagine tratta dal volume La valle dei giusti e dei salvati, di A.P. Ceccucci, citato nelle fonti pubblicate.
Famigliari compresenti: /Coniugato/a con: Friedlaender Eve
In Italia a: Milano
In Italia da: /
Percorso di internamento: C.di c. di Ferramonti di Tarsia (CS), presente il 7 marzo ’41. Casoli (CH) dal 21 settembre ’41 ad aprile '42. C. di c. di Campagna (SA) dal 2/5/'42; Polla (SA); Pergola (PS) dal 30/1/'43 al 2/12/'43, data della fuga.
Ultima località o campo rinvenuti: Pergola (PS)
Deportato: no
Ucciso in Italia: no
Dopo la fuga e/o la liberazione a: Pergola (PS)
Fonti:
ASP; A1; Hope; APCe; Ferr; ASP3, ebrei stranieri; CampiF-Chieti; Bad.
Presente fasc. in ASP: sì
Profilo biografico:
Nel 1936 lascia la Germania dove vivono la moglie e la figlia Giulia, e si stabilisce a Milano. Qui trova lavoro come panettiere finché non viene internato, inizialmente nel campo di concentramento di Ferramonti di Tarsia (CS) dove è presente nel marzo del '41. Viene poi trasferito in Provincia di Chieti e di seguito in quella di Salerno.
Dopo circa due anni, il 30 gennaio ’43 giunge a Pergola in Provincia di Pesaro, dove prende alloggio provvisoriamente all’albergo Catria. E’ detto ebreo praticante. Viene ricordato da Albert Alcalay tra gli ebrei internati nel comune contemporaneamente alla sua famiglia.
Nel marzo seguente Leo invia una piccola somma - 25 lire, con ogni probabilità una restituzione - al dott. Mosè Rosenzweig, un correligionario che in quel momento era internato a Urbania, stessa provincia, ma che in precedenza era stato con lui a Campagna e a Polla. In quello stesso mese, la moglie Eva lo raggiunge da Milano e per prorogare la permanenza di dieci giorni rispetto alla concessione deve fare richiesta scritta. Leo lavora come muratore per una ditta locale - la Santelli - e a causa di un infortunio viene ricoverato nell’ospedale cittadino, pertanto si rivolge alla mutua dei lavoratori dell’industria.
Il Prefetto di Pesaro/Urbino si occupa di lui e di altri cinque ebrei soggetti alla stessa misura - Hantwurzel, Pacht, Ryza, Schwarz Karl e Rosenzweig Mosè - quando nel luglio seguente il Ministero dell’Interno richiede la seconda copia del modulo per soggiorno stranieri.
Fin qui, questioni burocratiche, ma a fine anno si profila qualcosa di un po' diverso. Come sappiamo dalla testimonianza di Albert Alcalay, è il direttore delle poste di Pergola a permettere loro di mettersi in salvo, decidendo di trattenere fino alla mattina seguente il telegramma con l'ordine di arresto di tutti gli ebrei, per poi consegnarlo ai carabinieri. E' il 2 dicembre '43 e Leo si rende irreperibile quel pomeriggio stesso. “A Pergola non ha beni di fortuna”, segnalano i carabinieri nel denunciare la sua scomparsa.
Leo rimane nascosto nei dintorni di Pergola fino all’8 febbraio ’45 quando rientra in città e le sue dichiarazioni trovano conferma nei pagamenti dei sussidi da parte dell’Eca. Alcune testimonianze riportate nel volume La valle dei giusti e dei salvati concordano poi nel dire che per un periodo si nasconde presso il locale ospedale civile, protetto dal responsabile della farmacia dott. Antonio Capannini. In effetti, oltre a lavorare per la ditta su menzionata, l'internato fungeva da aiutante-infermiere presso l’ospedale.
Dopo la guerra, Leo Birnbaum si riunisce con la famiglia a Bologna dove riprende a fare il panettiere.