Dopo la liberazione di Mussolini da parte dei tedeschi e la costituzione della Rsi, l’Italia Centro-settentrionale torna sotto il controllo nazi-fascista. A partire dalla metà di settembre ’43 si verificano rastrellamenti e eccidi di ebrei in varie parti d’Italia: sul Lago Maggiore, a Cuneo, a Bolzano, a Varese e nelle province marchigiane di Ascoli Piceno e Macerata, occupate militarmente tra il 12 e il 16 del mese. Il giorno 24, l’Ufficio Centrale per la Sicurezza del Reich (RSHA) aveva telegrafato a H. Kappler, comandante della Polizia tedesca a Roma, per trasmettere la seguente direttiva: tutti gli ebrei senza distinzione di nazionalità sesso e condizione dovranno essere trasferiti in Germania e liquidati.
A fiancheggiare attivamente i nazisti nelle operazioni saranno i militi della GNR di Salò, appositamente istituita con compiti di polizia interna e militare. Dagli atti ufficiali si ricava che le autorità italiane della Rsi cedono ben presto il passo a quelle tedesche, a disposizione delle quali mettono il frutto dell’opera compiuta negli anni precedenti dal Regime fascista, con la registrazione e l’aggiornamento degli elenchi degli ebrei.
Tra i due alleati sembra esserci ormai piena sintonia sulle finalità della campagna antiebraica. Il Governo di Salò, dopo aver abrogato fin dal 1° novembre ’43 i pur timidi provvedimenti di Badoglio, il 14 approva la “Carta di Verona”, manifesto programmatico in cui si decreta che gli appartenenti alla razza ebraica sono stranieri… e durante questa guerra appartengono a nazionalità nemica. Come logica conseguenza, viene emanato l’Ordine di polizia del 30/11/’43 e per gli ebrei di ogni nazionalità presenti nel territorio italiano inizia il periodo più buio. A partire da questo momento non sono in gioco soltanto i diritti, il lavoro e i beni dei perseguitati, ma la loro stessa vita. Gli appartenenti alla “razza ebraica” vengono apertamente braccati per essere deportati nei campi di sterminio; la loro salvezza dipenderà dall’umanità e dal coraggio di quegli “ariani” disposti a offrire aiuto e protezione.
Il provvedimento viene particolarmente apprezzato dai nazisti, come dimostra il telegramma spedito il 14 dicembre a R. Rahn, plenipotenziario tedesco in Italia, da Berlino: La prego di esprimere al governo fascista la soddisfazione del governo tedesco per aver riconosciuto la necessità… di rinchiudere tutti gli ebrei d’Italia in campi di concentramento.
Via via che le truppe alleate risalgono la Penisola, si chiudono alcuni campi al Sud e se ne aprono altri al Nord. Purtroppo alcuni di questi – Fossoli, Borgo San Dalmazzo e Bolzano fra i maggiori – saranno utilizzati come centri di raccolta per la deportazione degli ebrei nei lager della morte. Per di più, nell’ottobre del ’44 i fascisti di Salò dispongono l’arresto anche dei “misti”, cioè dei coniugati con “ariani”, con un accanimento che si protrae fino all’ultima ora quando ormai è evidente il tragico destino dei detenuti.
Negli anni della Repubblica di Salò l’accanimento nazi-fascista provocò la deportazione nei campi di sterminio di 6806 ebrei di cui 4148 italiani, 2444 stranieri e 214 ignoti. Di tutti costoro solo 837 sopravvissero.