Scheda

Mrvos Milena



Famigliari compresenti: marito e figlie
Coniugato/a con: Pajalic Vladimiro
In Italia a: Fiume (ora Croazia)
In Italia da: /
Percorso di internamento: Sant'Angelo in Vado (PS), da dicembre '42 fino a dicembre '43; Macerata Feltria (PS) dal 23/12/'43 e ancora presenti a gennaio '44.
Ultima località o campo rinvenuti: Macerata Feltria (PS)
Deportato: no
Ucciso in Italia: no
Dopo la fuga e/o la liberazione a: /
Fonti:

A1; A2; ASFiume; APz; ASCMF.


Presente fasc. in ASP: no
Profilo biografico:

Presso l’Archivio di Stato di Pesaro su di lei non c'è fascicolo, pertanto i dati sono ricavati da altre fonti, in particolare la lista a cura della Questura di Pesaro nella quale è in elenco con altri otto internati stranieri "segnalati quali Agenti sospetti o accertati di spionaggio". La maggioranza è jugoslava e uno di costoro è il marito. Il documento è databile a dopo settembre '43, quando la famiglia si trova a Sant'Angelo in Vado.

Una ricca documentazione è depositata presso l'Archivio di Stato di Fiume a nome del marito di Milena. Un'altra cartella riguarda Giuseppe Braun Brankovic che diventa il patrigno della Mrvos, sposandone la madre vedova. Da notare che il cognome di Milena viene scritto in svariati modi.

La connotazione politica di tutta la parentela è di oppositori all'occupazione italiana, pertanto è più per ragioni politiche che razziali che essi subiscono l'internamento. 

Il marito Vladimiro Pajalic - di Nicolò e Poklar Giovanna, nato a Fiume il 20/4/1898 - è detto ariano e, come professione, direttore di banca. Dirigeva la Banca del Paese Croato, filiale di Susak.

Dopo la permanenza a Sant'Angelo in Vado nel '43, viene disposto il loro trasferimento a Macerata Feltria, nella stessa provincia, motivato con ragioni di salute delle figlie, una di otto anni, l'altra di un anno. La famiglia non è sussidiata benché Pajalic faccia richiesta del contributo statale. Le buone condizioni finanziarie si ricavano anche dal fatto che successivi spostamenti per visite mediche vengono autorizzati "senza mezzi di viaggio e senza riduzione ferroviaria".

Nell'estate '43 la madre di Milena, Rosa, presenta un esposto in cui chiede la revoca della restrizione per tutti i suoi congiunti, marito, figlia e genero. Qui Milena è chiamata Brankovic di Giuseppe, mentre il suo vero padre si chiamava Stefano. La risposta è negativa sia da parte del commissario di P.S. di Susak che del comando dei carabinieri di Trieste. "Parere contrario trattandosi di elementi contrari al nostro Paese non meritevoli di clemenza", si scrive da Trieste il 28 agosto '43. La polizia specifica che i Pajalic furono internati per i sentimenti anti-italiani e perché parenti dei Baun Brankovic. 

C'è poi un intervento del direttore del Banco di Roma a favore di Pajalic affinché venga liberato dall'internamento.

L’internato ebreo Egon Dewidels, che aveva condiviso con loro un periodo di internamento nella prima sede citata, appena esce dal carcere il 10 gennaio '44 scrive una cartolina postale (requisita) a Pajalic, al quale si rivolge con grande deferenza chiamandolo "Egregio Signor Direttore". La famiglia a quella data sembra ancora internata.