Lewin Alfred
Dalla scheda segnaletica della Questura di Pesaro del maggio ‘42.
Famigliari compresenti: madreConiugato/a con: celibe
In Italia a: Cremona
In Italia da: Berlino
Percorso di internamento: C. di c. di Campagna (SA) da giugno '40 al luglio '42; Fermignano (PS) da luglio ‘42 al 3 dicembre '43 quando è arrestato e posto in carcere per restarvi fino all’8 maggio '44. Poi è di nuovo internato a Fermignano.
Ultima località o campo rinvenuti: Fermignano (PS)
Deportato: no
Ucciso in Italia: sì
Dopo la fuga e/o la liberazione a: /
Fonti: ASP; A1, b.10; A2; A2 B, b.214 e b.155; LDM; EFo; GCER; Fon.AL.
Presente fasc. in ASP: sì
Profilo biografico:
La famiglia Lewin composta da Eugenia Jenny Hammerschmidt, vedova, dai figli Alfred e Lissi e da altri parenti e amici lascia Berlino tra il 1936 e il '37.
In particolare, nel giugno '36 entrano nel Regno i fratelli Alfred e Lissi con gli zii materni Daniel e Willy. Quest'ultimo possedeva e gestiva una ditta di confezioni che cede ai primi del '36 prima di espatriare. Tale nota è inclusa nelle informazioni che la polizia segreta tedesca gira alle autorità italiane in merito alle persone menzionate, tutti ebrei dimoranti a Berlino. Il commesso Robert Jonas che lavorava per Willy Hammeschmidt lascia la patria nel '36 e come gli altri correligionari si stabilisce a Cremona.
Qualche mese dopo, nel marzo '37, si uniscono loro Eugenia Jenny con la propria anziana madre Berta e la nipotina undicenne Susanna Hammerschmidt. In date diverse del '37 giungono anche la moglie di Willy, Frida Hurzholz, e una parente berlinese, Hela Steinfeld, fotografa.
Il gruppo si stabilisce a Cremona, come sappiamo dai documenti conservati presso l'Archivio centrale dello Stato. Il trasferimento è vissuto come definitivo se è vero che Jenny porta con sé anche i mobili di casa.
In una lettera al Ministero dell'Interno del 21 gennaio '39, Daniel Hammerschmidt richiama l'attenzione delle autorità sulla sua famiglia allargata. A Cremona hanno aperto una panetteria propria e si occupano di una "piccola agricoltura". Nei due anni di permanenza in Italia si sono creati una buona reputazione, pertanto sono rimasti sconcertati dall'imposizione di lasciare entro il 12 marzo '39 un Paese che ormai considerano una seconda patria.
La gravità della situazione emerge ancora di più se si tiene conto delle "frontiere chiuse attorno" e del fatto che Daniel ha con sé la madre di 82 anni e la nipote adottata dodicenne. Egli nota amaramente che la ragazzina non può "girare il mondo senza meta" assieme a loro. Chiede pertanto di poter emigrare in Africa Orientale Italiana per dedicarsi là all'agricoltura. La domanda è presentata anche per conto della sorella Jenny e dei due figli di lei, Lissi e Alfred.
Il progetto non si realizza. Poco dopo, Lissi emigra a Londra. Per la sua testimonianza rilasciata nel 2000, nella quale trovano conferma molti dati riportati in altre fonti, si veda il sito: www.unacitta.it/newsite/intervista.asp?id=656.
Berta Ascher muore nel '40. Gli altri familiari vengono internati in località diverse della penisola e andranno incontro a differenti destini. Daniel e Willy sono internati al Sud ma faranno ritorno a Cremona, poiché risulta che di qui fuggono il 19 ottobre '43 assieme alla piccola Susanna e a Hela Steinfeld, che sicuramente è la seconda congiunta di cui parla Lissi nella sua memoria. Prima della fuga, Hela era stata internata a Lanciano. Anche l'amico che lavorava nella ditta di Willy, Robert Jonas, subisce l'internamento con la moglie Helene: entrambi si salvano.
Lissi definisce il fratello Alfred un "genio delle lingue". Ricorda che fin dal '34 aveva iniziato a studiare inglese e italiano. A Cremona avevano rilevato una panetteria per guadagnarsi da vivere. Il gruppo poi si era separato. Nel ’39 Lissi era stata convinta dal fratello Alfred a riparare in Gran Bretagna, mentre lui decideva di rimanere in Italia con la madre. Alfred Lewin a Berlino era membro di un'associazione socialista ebraica.
All'entrata in guerra dell'Italia, Alfred veniva inviato in internamento nel campo di concentramento di Campagna (SA) dove sarebbe rimasto per due anni. Come sappiamo da una lettera successiva della madre, fu lei a ottenere nel '42 che ne fosse liberato al fine di poter vivere insieme in un comune di internamento. In aiuto di Jenny il medico condotto di Cremona a febbraio '42 aveva certificato che la paziente viveva "nello stato della più grave indigenza", ed era in preda a forte agitazione e deperimento organico.
Viene pertanto autorizzata a raggiungere Alfred: nel luglio di questo anno madre e figlio si riuniscono a Fermignano in Provincia di Pesaro e vi restano a lungo come internati.
A Fermignano il 3 dicembre '43 vengono arrestati assieme alla famiglia Amsterdam.
La madre Jenny viene scarcerata nel marzo '44 per ragioni di salute. Da Fermignano, dove ritorna, perora la causa del figlio.
Intanto dal carcere giudiziario di Urbino il 19 aprile '44 Alfred scrive una lettera al parroco di Fermignano, don Adelelmo Federici, poi monsignore, per ringraziarlo con parole accorate per l'aiuto prestato alla sua famiglia nei dolorosi momenti che sta attraversando. La mamma finalmente è libera, "circondata dall'affetto dell'ottima gente di Fermignano." Due volte torna il riferimento ai "buoni fermignanesi".
Liberato l’8 maggio ’44, viene di nuovo internato a Fermignano dove, ancora una volta, si ricongiunge alla madre. Nel foglio di scarcerazione si annotano la condotta “ottima” durante la reclusione, la sua cultura "superiore", il possesso di lire 200 e il connotato dell’altezza: un metro e novanta, un particolare ricordato da anziani testimoni del paese.
A raccontare la loro fine è il maresciallo dei carabinieri di Fermignano che nel maggio ’45 fornisce informazioni al Questore di Pesaro, sollecitato dal Record Bureau Displaced Persons.
L’organismo della sottocommissione alleata era stato interpellato a sua volta dalla sorella di Alfred, Lissi Lewin, la quale non riceveva più notizie dei congiunti da dicembre ’43.
Così scrive il maresciallo Salvatore Ragonese: “Nei primi di agosto 1944 i suddetti furono nuovamente arrestati e fermati in questa località San Gregorio dove si erano rifugiati, dal tenente tedesco certo Schwinger – di origine austriaca da Insbruk - che allora comandava un distaccamento di militari tedeschi a Fermignano, e condotti a Forlì. A Forlì, da voci che circolano in paese, sembra che i Lewin siano rimasti vittime della ferocia tedesca.”
Il 6 luglio '45, il Questore di Forlì rendeva note al Consolato inglese a Firenze - interpellato da Lissi Lewin - ulteriori notizie in merito all'eccidio. Scrive il questore che il 5 settembre '44, primo giorno della strage, il comando tedesco delle S.S. comunicava loro quanto segue: "Venti comunisti italiani e stranieri sono stati giustiziati".
Tra gli internati uccisi quel giorno troviamo: Amsterdam Arthur; Amsterdamer Israel Isidoro; Goldberg Joseph; Gottesmann Georg; Lewsztein Joseph; Lewin Alfred; Morpurgo Gaddo; Pacht Karl; Stiassni Ludwig; Timan Joseph. Le altre dieci vittime erano state catturate altrove.
Dal Libro della memoria risulta che Alfred fu arrestato il 6 agosto ’44 da tedeschi (senza indicazione del luogo) e detenuto a Forlì-carcere per morire in eccidio nel campo di aviazione di Forlì il 5 settembre '44. Su questo punto si veda anche La strage di Forlì.
A Forlì a nome di Alfred è nata una Fondazione della quale Lissi Lewin in Pressel nel 2003 è diventata Presidente onoraria. La stessa è venuta a mancare nel 2009.