Scheda

Kotlenko Dimitri



Didascalia:

Fotografia tratta dalla scheda segnaletica della Questura di Pesaro dell'aprile '43.

Famigliari compresenti: /
Coniugato/a con: coniugato
In Italia a: Abbiategrasso (MI)
In Italia da: /
Percorso di internamento: Apecchio (PS) dal 13 gennaio al 15 aprile '43; Macerata Feltria (PS) dal 1/5/'43 al 12/9/’43 quando ottiene la revoca, annullata il 6 dicembre. Di nuovo internato, resta nel comune fino alla fine del mese, poi si dà alla fuga.
Ultima località o campo rinvenuti: Macerata Feltria (PS)
Deportato: no
Ucciso in Italia: no
Dopo la fuga e/o la liberazione a: / Pesaro
Fonti:

A1; A2; ASP2-b.190 (f.22); ASCMF; EMF; Bad.


Presente fasc. in ASP:
Profilo biografico:

Dottore in legge, industriale, operava in una società estrattiva del metano.

In una nota del luglio '42 il Questore di Milano, città in cui Kotlenko risiedeva, sottolinea il suo comportamento "destante sospetti", pertanto su richiesta anche del PNF locale lo invia nella vicina Abbiategrasso per poi allontanarlo dalla regione. Come scriverà a guerra finita il Prefetto di Pesaro, Kotlenko viene fatto accompagnare nelle Marche da un agente.

La determinazione della "razza" ebraica, dalla quale l'internato cerca di prendere le distanze, viene ribadita dal Prefetto di Milano quando lo stesso, tra aprile e maggio ’43, si sposta da Apecchio a Macerata Feltria, entrambe in Provincia di Pesaro, un trasferimento punitivo che ha lo scopo di allontanarlo da una donna sfollata da Milano. Secondo testimonianze locali egli era divorziato e continuò a frequentare la stessa persona anche dopo la guerra.

Essendo giudicato facoltoso, non ha diritto al sussidio. Russo di nascita ma con cittadinanza honduregna, viene chiamato “l’americano” e probabilmente si scambia il nome con il cognome, tanto che il suo fascicolo dalla questura è posto alla lettera D e i carabinieri lo citano come “il Dimitri”.

Nel settembre ’43 in alto loco viene decisa la revoca della pena ma poiché l'interessato non percepisce sussidio si ritiene svincolato da obblighi di sorta e si prende del tempo per decidere dove riparare. Di fatto non ha alcuna intenzione di rientrare a Milano e rimane a Macerata Feltria.

Ma il 6 dicembre '43 un primo telegramma del questore annuncia che la liberazione dall’internamento è annullata e Kotlenko dev'essere nuovamente internato nella stessa località. Poi il giorno 30 di quel mese un nuovo telegramma ordina il suo arresto assieme a quello di Alfredo Salomone Mosseri. Nel verbale i carabinieri sostengono che per loro non si era dato corso al fermo come per gli altri - sulla base del telegramma del 2 dicembre - in quanto ritenuti erroneamente ariani.

Il 30 dicembre dunque si presentano alle loro abitazioni e vi trovano solo Mosseri poiché l’americano Dimitri si è reso irreperibile. “Si vuole che esso siasi allontanato nelle prime ore di questa mattina, forse avendo avuto sentore del suo ordine di arresto”, scrivono. 

Nessun bene né mobile né immobile da porre sotto sequestro viene trovato presso i due ebrei. Pare che alla porta di Kotlenko assieme alle forze dell’ordine ci fossero quindici fascisti. Eppure, scriverà il Prefetto dopo la guerra in una relazione al Ministero dell’Interno (29 ottobre ’46), durante la sua permanenza nei due comuni pesaresi, Kotlenko “condusse vita ritiratissima, non occupandosi di politica e non dando luogo a rilievi di alcun genere.”

Dalle testimonianze raccolte nel volume Ebrei a Macerata Feltria, dove si fa riferimento a famiglie locali che lo accolsero e nascosero, risulta che fosse molto abbiente e che prima della rivoluzione russa fosse un colonnello dello zar; dopo la guerra visse per qualche tempo a Pesaro.