Katic Dusanka (Gruscenka)
Coniugato/a con: Grün (Grim) Alessandro
In Italia a: /
In Italia da: Belgrado
Percorso di internamento: Kavaja (Albania) dal 21/7 al 24/10/'41; c. di c. di Ferramonti di Tarsia (CS) da ottobre '41 al 15/6/'42; Piandimeleto (PS) dal 22/6 al 13/8/'42; Urbania (PS) dal 13/8/'42 al 12/9/'43; Pesaro dal 16 settembre a ottobre '43 quando con la famiglia si rende irreperibile.
Ultima località o campo rinvenuti: Pesaro
Deportato: no
Ucciso in Italia: no
Dopo la fuga e/o la liberazione a: Fort Ontario, Usa (APz)
Fonti:
ASP; A1; A2; ASCPM; ASCU; ASCU2; Bad.
Presente fasc. in ASP: no
Profilo biografico:
Per i suoi dati si veda il fascicolo del marito Grün (Grim) Alessandro presso l’Archivio di Stato di Pesaro.
Lei viveva a Belgrado con il figlio Pavel e il coniuge, che viene arrestato nel luglio del '41. Tradotti a Castelnuovo di Cattaro, sono internati nel campo di concentramento di Kavaja in Albania. Di qui nell'ottobre seguente con un gruppo di 200 ebrei sono inviati nel campo di Ferramonti di Tarsia (CS). Il figlio Pavel ha tre anni.
Dopo nove mesi, nel giugno del '42 vengono trasferiti in Provincia di Pesaro. Inizialmente la sede di internamento è Piandimeleto, poi Urbania. Qui nell’immatricolazione per Soggiorno stranieri in Italia rinnovata a dicembre, Dusanka viene dichiarata "ariana", in altro documento è detta di religione ortodossa, mentre nelle altre fonti risulta ebrea come il marito. Anche in Arolsen Archives nel maggio '43 è classificata come ebrea; qui la si dice internata ad Apecchio, sicuramente per errore.
Dai registri della corrispondenza conservati a Urbania risultano frequenti contatti con una signora di Pesaro, Gabriella M. Taccini, e lettere inviate a cittadini slavi residenti a Zemun, Osijek e Sanremo. Il 15 agosto '42 Dusanka scrive all'internato nel campo di Ferramonti, Papo Sason - che definisce "impiegato postale" - e il 13 settembre seguente a Lela Mevorah a Montechiaro d'Asti, dove'è internata l'intera famiglia di Lela, originaria di Sarajevo.
Due spedizioni non vanno a buon fine. Nel gennaio '43 da Urbania indirizza a Richard Tischler a Madrid una cartolina postale che viene requisita dalle autorità in quanto si è permessa di cancellare la scritta “Vinceremo”. In merito, il questore fa sapere che il contenuto va riscritto per lettera. Alla stessa data la polizia restituisce un'altra lettera dell'internata che non può aver corso in quanto supera le 25 righe, limite prescritto per chi si trova nelle sue condizioni.
Nell'ottobre seguente, dopo il trasferimento a Pesaro, la famiglia fa perdere le proprie tracce. Dopo la guerra si trasferisce negli Usa.