Scheda

Geduldiger Valeria (Vally)



Didascalia:

 Geduldiger Valeria (Vally) in età avanzata. Dalla lapide presso il cimitero di Riccione (RN).

Famigliari compresenti: /
Coniugato/a con: Zamorani Angelo
In Italia a: Marina di Massa (MS)
In Italia da: /
Percorso di internamento: Sant'Angelo in Vado (PS) dal 1° ottobre '43 ai primi di dicembre dello stesso anno, quando si rende irreperibile.
Ultima località o campo rinvenuti: Sant'Angelo in Vado (PS)
Deportato: no
Ucciso in Italia: no
Dopo la fuga e/o la liberazione a: Roma
Fonti:

ASP; CS; ASMAC; Cdec, TMKM, D.Vally; YV; Geni; Bad.


Presente fasc. in ASP: no
Profilo biografico:

Presso l’Archivio di Stato di Pesaro su di lei non c'è fascicolo. Sue notizie compaiono nel fascicolo presente nel fondo questura dello stesso archivio, intestato a Zader Enrico di Sigfried, nato a Milano il 12/1/1912 e residente a Mercatello sul Metauro (PS).

Esiste poi un fascicolo a nome Geduldiger presso l'Archivio di Stato di Macerata, in quanto nel luglio '43 la stessa si era recata in tale città presso amici o parenti (famiglia Senigallia), dopo l'allontanamento da Marina di Massa (Apuania) disposto dalla polizia per la seguente ragione: "aveva fatto sorgere generici sospetti per la tendenza a cercare amicizie fra ufficiali del R. Esercito". In questi documenti il nome della madre viene scritto erroneamente Passer, anzichè Popper.

Ora, il 1° agosto '43 il Comando Supremo Servizi Informazioni Militari (SIM) del centro C. S. di Bologna disponeva nei confronti dell'ebrea discriminata Geduldiger (scritta anche Geduldinger) un'opera di vigilanza in Macerata e pregava il questore di segnalarne gli spostamenti.

C'è da dire che Vally era vedova. Aveva sposato a Bologna l'avvocato Angelo Zamorani, maggiore dell'esercito mutilato nella prima guerra mondiale, per questo successivamente discriminato. Dopodiché la vedova, diventata italiana per matrimonio, si era trasferita a Marina di Massa "con mezzi limitatissimi", come dice lei stessa.

In agosto '43 giunge tramite le prefetture interessate l'ordine di internamento in provincia di Pesaro disposto dal Ministero dell'Interno.  Vally, accompagnata a Pesaro da un agente, viene internata a Sant'Angelo in Vado. Vi resta fino al momento dell'arresto generalizzato. Il suo nome compare infatti nella nota di ricerca da parte della legione territoriale dei carabinieri di Urbino, datata 7 dicembre '43, in cui è associata ad altri ebrei in fuga dalla stessa località. Si tratta del già citato Zader e di Abinum Ika, internato con l'intera famiglia.

Dopo la liberazione del territorio, Valeria compare nuovamente a Macerata, dove richiede il sussidio quale ex internata. Nel luglio '45 la corresponsione viene richiesta a Roma in quanto la stessa vi si è trasferita presso la famiglia Spaccamela. Per dimostrare la propria condizione di ex internata, Vally fa riferimento alla dichiarazione del sindaco di Sant'Angelo in Vado, Luigi Rossi, rilasciata il 14 ottobre '44. Egli richiama la condizione degli internati, trattati tutti con la ben nota "gentilezza di pura marca fascista". A proposito di Vally specifica: ogni relazione con gli amici le veniva troncata giacché nella cittadina a tutti era espressamente vietato di parlare ad internati e perfino di rispondere al loro saluto. Poi, con l'ordine di arresto degli ebrei, Vally fu aiutata dal canonico don Gaetano Curzi, che la fece accogliere in un monastero. 

La storia è narrata dalla protagonista stessa nel diario la cui stesura fu curata dall'amica Martha Kaiss in Migani, residente a Riccione. Merita pertanto ripercorrere la memoria di Vally. Il diario, intitolato “Quando ero suor Marta”, nome della madre, è dedicato all'amica Anna Castagnola di Marina di Massa.

Di famiglia ebraica, Vally Geduldiger proviene da Praga dove il padre era commerciante di spezie.

Nel 1930 Vally sposa a Bologna l'avvocato Angelo Zamorani, figlio di Amilcare, fondatore del Resto del Carlino. Angelo nel '39 si suicida per il contraccolpo delle leggi razziali.

L'inizio del racconto è il 14 febbraio '44 quando Vally si trova nascosta presso il convento delle Figlie del Sacro Cuore di Sant'Angelo in Vado. Era giunta nel comune il 1° ottobre '43 di sera, col bus da Pesaro. Aveva dovuto lasciare Marina di Massa in 24 ore per essere internata, “non si sa perché”.

Il segretario comunale di Sant'Angelo l'aiuta a sistemarsi presso una signora nell'edificio dove lui stesso vive. Le limitazioni a cui è obbligata nella nuova condizione la irritano oltre modo: firma giornaliera e movimenti ristretti. "Sono una semi-prigioniera”, scrive. Conosce altri internati, ebrei stranieri e molti jugoslavi. Li definisce educati e distinti.

Vally vuole studiare il cristianesimo, pertanto la indirizzano alla direttrice del convento delle Figlie del Sacro Cuore. Vi trova due ragazze che vi passano spesso la notte, Zeila (20 anni) e Linda. Diventano amiche, benchè gli abitanti in genere si facessero vedere “poco volentieri in giro con noi internati”. Oltre alle due ragazze, faceva eccezione il sig F. di Milano, musicista alla Scala, che si accompagnava spesso con lei nelle passeggiate.

Il 1° dicembre giunge la voce dell'arresto degli ebrei per inviarli in campo di concentramento per volontà del nuovo Governo fascista. Dice Vally: “Bisogna avere la propria vecchia madre ed una bella giovane sorellina nei campi di concentramento per sapere cosa c'era da aspettarsi”. La sera stessa del 1°dicembre compaiono a casa sua l'amico musicista e il parroco per portarle aiuto. Si decide che la mattina seguente qualcuno sarebbe andato a Pesaro a informarsi sulle voci di un probabile arresto. A farlo è il segretario comunale. Il giorno dopo, 2 dicembre, di notte, la moglie dello stesso segretario si reca da Vally e la invita a scappare al più presto.

Lei non sa dove andare e inizia a piangere assieme alla donna e alla padrona di casa. Per le strade vige il coprifuoco. Vally rimane alzata tutta la notte per decidere cosa fare. Il giorno seguente, 3 dicembre, alle cinque del mattino riempie due borse e si dà alla fuga. Si inoltra sulla via del cimitero e si nasconde sotto un albero. Resta ferma nello stesso posto per otto ore in attesa che giunga il parroco, come promesso dalla padrona di casa. La raggiunge invece un amico di quest'ultimo per dirle che il sacerdote non può lasciare la scuola. Sarebbe arrivato dopo le ore 12.

Vally decide allora di tornare in paese per la firma che comunque andava fatta entro mezzogiorno, “altrimenti si veniva ricercati”. Nella piazza del municipio intravede podestà e maresciallo che parlano tra loro e non si curano di lei. Dopo la firma di presenza, torna a casa. La informano che gli altri internati ebrei, scappati all'alba, poche ore dopo sono stati riportati in paese dai carabinieri. Vally si chiede perché non sia stata arrestata. Il parroco intanto le viene a dire che la madre superiora del convento è disposta a tenerla per qualche giorno. Dovrà presentarsi in monastero appena viene buio. Nuova attesa della notte, con la padrona di casa terrorizzata per il timore di essere accusata di averla aiutata.

Giunta al convento, ubicato nel centro del paese, Vally capisce che è troppo presto. Cammina per un'ora e mezzo in una via appartata, poi suona al campanello. In convento le trovano un posto dove nascondersi in caso di bisogno. Le suore sono diciassette. Il terzo giorno (6 o 7 dicembre) il maresciallo si presenta alla padrona di casa per chiederle: "Perché è scappata la signora se non era ebrea?"

Vally pensa che tutto dipenda dal fatto che a Sant'Angelo in Vado andava in chiesa. In effetti nel febbraio del '40 si era battezzata nel duomo di Massa. Ma si chiede pure quali informazioni abbia trasmesso la questura di Pesaro circa la sua "appartenenza razziale".

In realtà, nel documento citato sulla fuga della Geduldiger con Abinum e Zader, intitolato “ricerche di internati”, si dice chiaramente che Vally è ebrea come gli altri due ricercati. Il rintraccio da parte della tenenza dei Carabinieri di Urbino è segnalato scrupolosamente alle sedi di Pesaro, Urbino, Arezzo, Rimini, Fano, Fabriano, Cagli, Pennabilli e stazioni dipendenti. 

Nessuno sospetta che la ricercata si trovi proprio nel centro storico del comune di internamento!

Vally racconta che poco alla volta il parroco le porta le sue cose, nascoste sotto il mantello. “Mantello dell'ipocrisia”, lo chiamava lui stesso. Oltre a questo, le porta anche del cibo, ora indispensabile visto che a quel punto lei si trova senza tessera. Data la situazione sempre più critica, comprendono che non può più muoversi dal convento. Il vescovo approva la decisione. Vally continua a trepidare per la sorte della mamma e della sorella. Riesce a scrivere e a ricevere posta tramite l'amica di Massa, Anna Castagnola, facendosi aiutare da una cameriera che lavora in convento e abita a Pesaro. A volte fa impostare le lettere a Bologna. Vorrebbe notizie del figliastro ma non può esporsi.

In convento dà lezioni di tedesco a una suora e all'amica Zeila. E siccome nel marzo '44 cinque uomini non ben qualificati visitano il convento, da quella data si veste sempre da suora.

Il musicista di Milano, unico amico esterno oltre al parroco che va a trovarla, ottiene da lei l'indirizzo del figliastro. Vally viene a sapere che sta bene e che avendo contratto un matrimonio misto, per ora non ha problemi.

A luglio un aereo inglese inizia a sorvolare il paese giorno e notte. Le bombe cadono nei dintorni, tutti sfollano. Per il rischio di essere riconosciuta, lei non può servirsi del rifugio assieme alle altre suore. Così il 15 luglio, dopo circa 8 mesi di clausura, lascia il convento con tre sorelle e ripara in campagna, a quattro chilometri dal paese. Dormono e vivono in una stalla che era stata loro indicata dal parroco.

Il 1° settembre, l'annuncio che i tedeschi hanno distrutto i ponti di S. Angelo. Poche ore dopo, arrivano gli inglesi. Vally finalmente può riprendere a vivere, dopo sei anni in cui tale diritto le veniva negato. Ora gli abitanti di Sant'Angelo in Vado le fanno festa, anche quelli che prima la evitavano.

Nel maggio 1945 è a Roma dove resterà per diversi anni lavorando per l'U. N. R. R. A. Nel 1960 si trasferisce a Riccione e vi resta fino al termine della sua lunga vita: cento e due anni.

Presso l'archivio di Yad Vashem risultano due donne con il suo cognome, Geduldiger/Geduldigerova, deportate  da Praga al ghetto di Theresinstadt. Il dato trova conferma in Arolsen Archives dove risultano abitare nella stessa via di Praga, Blanicha (o Blanicka) n.12. La madre Martha, nata il 18/11/1877 da Therese e Gustav Popper, è deportata l'8 luglio '43 nel ghetto citato e il 6 settembre seguente ad Auschwitz.  L'altra donna di nome Vilma nata il 12/07/1914, probabilmente una sorella di Vally, conosce la stessa deportazione nelle stesse date. In settembre sono entrambe uccise. 

In Geni risultano altre due sorelle di Vally, Berte (nata nel 1901) e Otilia (nata nel 1903). In Arolsen Archives due donne con questi nomi conoscono identica deportazione.