Disegni (Di Segni) Ugo
Ugo Di Segni nella fotografia della carta di identità. Anni Trenta.
Famigliari compresenti: moglie e figliaConiugato/a con: Calò Elena
In Italia a: Roma
Percorso di internamento: Accettura (MT) dal 23 giugno '40; Campana (CS) presente a settembre '41 fino a novembre. Breve passaggio a Roma. Mombaroccio (PS) da novembre '41 al 30 marzo '42. Tuscania (VT) dal 3 aprile '42 ai primi di settembre '43.
Ultima località o campo rinvenuti: Tuscania (VT)
Deportato: no
Ucciso in Italia: no
Dopo la fuga e/o la liberazione a: /
Fonti: ASP; ASCRO; TAn.Cal; A3,b.10,f.251.
Presente fasc. in ASP: sì
Profilo biografico:
Nei documenti della questura è definito genericamente “commerciante”, mentre veniamo a sapere che lavorava nel settore dei rottami, attività che con qualche variante è portata avanti anche dal nipote Anselmo Calò a distanza di due generazioni. Grazie alla testimonianza del congiunto e attraverso di lui a quella della madre Giuditta, veniamo a conoscenza di aspetti concomitanti e conseguenti all'internamento che non traspaiono dal carteggio ufficiale.
Il provvedimento è emanato il 13 giugno '40. Disegni non è un antifascista attivo, tuttavia non ha la tessera del PNF. Il questore della capitale motiva la misura di polizia in quanto lo ritiene “capace di compiere azioni volte a turbare lo spirito pubblico ed a svolgere attività in contrasto con gli interessi della Nazione." Lo definisce poi "elemento subdolo e recalcitrante e quindi indesiderabile per la Capitale".
Nonostante abbia solo il titolo di quarta elementare, è persona molto intraprendente. Assieme a un socio apre un garage in cui espone automobili destinate al noleggio. Nel contempo, ritira, seleziona e rivende materiali di varia natura per destinarli al reimpiego anche in edilizia. Così entra in contatto con la ditta che sta edificando l'EUR e matura un forte credito nei confronti del costruttore che gestisce l'impresa. Quando ne esige il pagamento, costui fa in modo di liberarsi della presenza di un “ebreo scomodo”. Questa la ragione sottesa all'internamento.
Ad Accettura in Provincia di Matera, prima sede del suo esilio, si ritrova con altri ebrei della capitale, come vediamo dal documento della perquisizione a cui è sottoposto il 31 luglio '40. Agli internati vengono ritirati i documenti. A Mieli Settimio la carta di identità e il congedo militare, a Di Porto Eugenio la patente, a Della Seta Davide la patente e il libretto della Unione degli ufficiali in congedo, a Sonnino Samuele la patente e il porto d'armi. Ugo Disegni non ha con sé documenti. Inoltre, viene lasciato ai legittimi proprietari ciò che possiedono essendo costituito da somme esigue, dalle 200 alle 300 lire.
Durante la permanenza ad Accettura, la moglie Elena e la figlia Giuditta - nata nel febbraio del 1935 - vivono con l'internato, anche se l'autorizzazione ministeriale va sempre rinnovata e confermata. Nell'estate '41 Ugo viene ricoverato all'ospedale di Rossano (CS), comune nel quale si ritiene fosse stato trasferito per ragioni di salute. Ufficialmente risulta internato nel vicino comune di Campana. A settembre i genitori chiedono che Giuditta possa frequentare la scuola ma la bambina non viene accettata per ragioni razziali.
Intanto la domanda di proscioglimento presentata dalla famiglia non trova riscontro positivo presso il questore della capitale, il quale però si dichiara disposto a trasformare la misura in ammonizione, qualora le condizioni di salute peggiorino.
Sorge poi un altro problema. Le autorità vengono a sapere che il podestà del comune precedente, Accettura, si era recato a Roma per acquistare un'automobile nel garage dell'internato e Disegni viene accusato di tentata corruzione. Chiamato a comparire in pretura, nel marzo '42 sarà assolto “perché il fatto non costituisce reato”.
Nel frattempo è assegnato d'autorità a Mombaroccio in Provincia di Pesaro, paese distante dal mare e dunque nocivo per la sua salute. Durante il trasferimento, sia per disperazione che per reale malessere, egli si reca arbitrariamente nella sua casa in via dei Chiodaroli, accanto al “ghetto”, e la polizia lo fa prelevare e trasferire in ambulanza presso l'infermeria di Regina Coeli. Di qui pochi giorni dopo - siamo nel novembre '41 - viene tradotto a Mombaroccio con i carabinieri. Ben presto lo raggiunge una nota spiacevole riferita al passato soggiorno a Campana, dove ha lasciato il conto aperto presso l'albergo in cui alloggiava. Il commissario prefettizio lo bolla come “il vero tipo dell’ebreo”.
In territorio pesarese risulta sussidiato benché il questore di Roma affermi che può mantenersi a proprie spese. Ugo Disegni firma la diffida per gli internati presso la stazione dei carabinieri di Mombaroccio il giorno 19 gennaio '42. Troviamo anche la conferma dell'accompagnamento da parte delle forze dell’ordine. La spesa, che era stata anticipata da Roma, viene rimborsata dalla prefettura marchigiana.
L'internato è sottoposto a visita da parte del medico provinciale di Pesaro, dott. De Marco, il quale riscontra molteplici problemi e consiglia il trasferimento in provincia a clima più mite. Il mese successivo alla diagnosi, avviene il trasferimento a Tuscania. La prefettura di Viterbo comunica che l'internato vi giunge il 3 aprile '42, con moglie e figlia.
Ugo Disegni vive nell'angoscia e fa di tutto per liberarsi da una condanna che sta rovinando la sua vita e quella della sua famiglia. I discendenti conservano ancora la patente di guida in cui ha assunto il cognome falso di Meloni, risulta nato a Pontecorvo (FR) e residente in provincia di Sassari. Il documento, con tanto di timbro di quella prefettura e timbro data - 23 ottobre '42 - sarà utilizzato in seguito durante l'occupazione tedesca della Capitale. Il decadimento fisico che si coglie nella fotografia è vistoso.
La permanenza a Tuscania si protrae fino all'estate seguente. Giuditta, ancora esclusa dalla scuola pubblica, apprende “a leggere, scrivere e i rudimenti dell'aritmetica” dagli internati.
Quando, dopo la proclamazione dell'armistizio - e dopo oltre tre anni di internamento - la famiglia torna a Roma, non possiede più nulla. Sul treno insieme a loro ci sono già i tedeschi. Il 16 ottobre 1943 si pone il problema di dove rifugiarsi per sfuggire alla cattura da parte nazista, essendo iniziata la "caccia agli ebrei". Inizialmente si nascondono presso amici e conoscenti nel quartiere San Giovanni, dove Ugo cambia abitazione ogni notte. Poi Giuditta è accolta nel convento del Sacro cuore di Gesù di via Labicana, che ha al suo interno una scuola. La bambina frequenta sotto falso nome la seconda elementare e vive per qualche tempo separata dai genitori. Sua madre Elena verrà accolta in un altro convento. La guerra finisce ma Ugo Disegni non si riprende più dal peso di quegli anni e non può più lavorare. Muore nel 1948.