Coen Benedetto
Coniugato/a con: celibe
In Italia a: Roma
Percorso di internamento: Sant'Agata Feltria (PS) dal 15/8 al 17/12/'40; c. di c. di Urbisaglia (MC) dal 18/12/'40 al 1/3/'41; Camerino (MC) dal 2/3 al 31/5/'41, data della revoca per "atto di clemenza del Duce".
Ultima località o campo rinvenuti: Camerino (MC)
Deportato: no
Ucciso in Italia: no
Dopo la fuga e/o la liberazione a: Roma
Fonti: ASP; ASCSAF; ASMAC; TAMP; Car; A3-b.5; LM/AM.
Presente fasc. in ASP: sì
Profilo biografico:
Era commerciante e viveva nella capitale con la matrigna Alba Modena, essendo orfano di madre. Nell'agosto del '40 il Questore di Roma lo segnala nei seguenti termini: "Ebreo, manifesta forte avversione per la Germania e ingiuria Hitler e il Duce."
In un fitto carteggio con il ministero, la polizia sottolinea che Benedetto è nemico “atroce” del duce e che sarebbe pronto a sparargli addosso, notizie ottenute grazie a segnalazioni di privati. Inoltre avrebbe pagato dei funzionari al fine di ottenere i documenti necessari per l'espatrio in Usa.
L’interessato si giustifica dicendo che voleva raggiungere la sorella là vivente, per questo aveva fatto seguire la pratica da un amico. Tuttavia era sua intenzione ritornare in Italia dove aveva “i suoi interessi” e alla quale era legato da “amor di patria senza spirito settario”.
Dopo dodici giorni di reclusione a Regina Coeli, Benedetto viene internato in Provincia di Pesaro, a Sant'Agata Feltria. Qui entra in rapporti di amicizia con l’internato Vittorio Pugliese e sua moglie. E benché la questura romana lo presenti come “facoltosissimo ebreo”, nonché “astutissimo”, l’interessato ha bisogno di lavorare per vivere, tanto che si presta a piccoli lavori di sartoria per i Pugliese.
La moglie di quest'ultimo ricorda che andava spesso a far loro visita nel piccolo appartamento dove vivevano da internati. Per suo marito, Benedetto fece un lavoro impegnativo che non era raro in un'epoca di restrizioni e di assenza di spreco: "rivoltò" per lui un abito da uomo.
Le condizioni di salute del giovane romano sono precarie per gravi menomazioni fisiche attestate dai medici. Anche per questo la madre si attiva presso il Vaticano e ottiene un appoggio dal religioso Padre Tacchi Venturi il quale contatta Epifanio Pennetta, funzionario del Ministero dell’Interno che segue le pratiche degli internati.
Nel dicembre '40 è tradotto al campo di concentramento di Urbisaglia dove la madre ottiene il permesso di andarlo a trovare e di trattenersi per 5 giorni. Benedetto viene visitato dal medico condotto del comune il quale attesta le sue infermità fisiche, pertanto il direttore del campo chiede il parere del medico provinciale, previa autorizzazione del Questore di Macerata. Il responsò sarà di non idoneità al campo di concentramento.
Il 2 marzo Coen è trasferito nel comune di Camerino e prende alloggio presso l'albergo "Ideal" dicendo che può mantenersi con mezzi propri, quindi non gode del sussidio statale. Anche per la visita specialistica presso un ortopedico le spese sono a suo carico. Intanto la questura di Roma continua a esprimere contrarietà alla sua liberazione visto lo "stato di guerra", poi nel maggio lascia che sia il ministero a decidere. Tale sorta di via libera apre la strada alla revoca per “atto di clemenza del Duce”, che avviene a fine maggio '41.
Prosciolto dall'internamento, il 3 giugno Benedetto si presenta alla Questura di Roma e viene sottoposto a vigilanza.
Per una biografia più ricca si veda Con foglio di via, citato nelle fonti pubblicate.