Cesana Rita (Margherita) (caso particolare)
Un'immagine giovanile di Margherita Cesana. Proprietà Anna Ancona.
Famigliari compresenti: marito e due figli
Coniugato/a con: Ancona Arrigo
In Italia a: Venezia
Percorso di internamento: Urbania (PS) dopo settembre 1943. Carcere a Urbino dal 3/12/'43 al 6/3/'44. Piobbico (PS) subito dopo.
Ultima località o campo rinvenuti: Piobbico (PS)
Deportato: no
Ucciso in Italia: no
Dopo la fuga e/o la liberazione a: Piobbico (PS)
Fonti: ASP; CS; ASCU; ASCPI; GCER; TAA.
Presente fasc. in ASP: sì
Profilo biografico:
L'internamento vero e proprio non trova precisi riscontri, anche se Rita Cesana viene definita "ebrea internata". Per tracciare il suo profilo è stata preziosa la testimonianza della figlia.
Benché nei documenti che la riguardano sia dichiarata casalinga, Rita in realtà era una donna molto colta, diplomata all’Istituto magistrale e “maestra” per la piccola Anna nei primi anni delle mancate scuole elementari.
Il 14 settembre ’43, dunque a breve distanza dall’armistizio, lei e il marito decidono di fuggire anche perché sollecitati dal figlio Paolo. Partono da Venezia in treno con i figli entrambi minorenni, Paolo nato l’8/12/’27, Anna nata il 21/2/’38. Si allontanano a ragion veduta se è vero che il giorno seguente le forze dell’ordine vanno a cercarli a casa loro.
Raggiungono Urbania in Provincia di Pesaro, dove contano su una conoscenza del figlio, e in effetti sono aiutati dalla famiglia Pupita a trovare una sistemazione. Passano poco più di due mesi e il 3 dicembre '43 vengono fermati dai carabinieri e incarcerati. Per il verbale d’arresto si veda la scheda di Ancona Arrigo.
Pochi giorni dopo, il 14 dicembre, il nome di Rita è associato a quello di altri sei detenuti ebrei, in quel momento nelle carceri di Pesaro. Si tratta di Szantò Giuseppe e della moglie Weigler Carlotta (Lotte), di Lea Rosembaum in Amsterdamer, di Richta Salka in Amsterdam, di Eugenia Hammerschmit in Lewin e di Coen Gemma, quest’ultima residente a Urbino. E’ il questore che scrive alla direzione della prigione stessa per autorizzare “un colloquio controllato una volta alla settimana ai soli congiunti degli ebrei in carcere” (ASP, fasc. personale M. Cesana).
Poiché tutti gli internati nominati (ben riconoscibili nonostante gli errori di grafia) furono incarcerati a Urbino, si presume una presenza temporanea a Pesaro per la visita da parte del medico provinciale, come registrato in altri casi.
La relazione di amicizia tra Rita e Carlotta (Lotte) Szantò si manterrà anche dopo la guerra attraverso una corrispondenza in cui si fa riferimento ad alcune delle persone citate che risulteranno vittime della strage di Forlì. Lo studioso G. Caravita è caduto in equivoco circa l’incontro tra questi prigionieri, collocandolo nelle carceri di Forlì poco prima dell'esecuzione e non in periodi di reclusione precedenti. Caravita erra anche quando afferma che Rita Ancona sarà reduce da San Saba e da Auschwitz. In realtà lei non viene deportata.
Dalle carceri di Urbino Rita Cesana chiede ripetutamente, a gennaio e a febbraio ’44, di essere rimessa in libertà per potersi occupare dei due figli: Paolo, recluso benché minorenne e Anna che ha cinque anni ed è stata affidata a estranei al momento dell'arresto.
Il responso del medico provinciale, recante all’oggetto la formula “visita a ebrea internata”, è di idoneità al campo di concentramento. Il questore tuttavia sottolinea che la reclusa non ha precedenti penali e il 6 marzo ’44 dispone che venga liberata. Nel foglio di rilascio si scrive che ha tenuto buona condotta, ha un’istruzione “superiore” e domicilio a Urbania.
In realtà il 23 gennaio ’44 la città aveva subito un terribile bombardamento e la famiglia che si prendeva cura della piccola Anna era riparata a Piobbico, sempre in provincia di Pesaro, pertanto lì viene mandata Rita. Gli Ancona si riuniscono nella nuova sede, sottoposti a vigilanza nei loro spostamenti, come raccomanda il questore al commissario prefettizio.
Ben presto però si separano nuovamente: Paolo, dopo la vicenda per la quale si rimanda alla sua scheda, si unisce ai partigiani, mentre il capofamiglia va incontro agli alleati. A Piobbico restano le due donne che vivono in una casa di contadini tra mille difficoltà e privazioni, entro un contesto di povertà ed estrema arretratezza. Forse per questo, alla fine del '44 risulta l'assegnazione del sussidio di sfollamento da parte dell'Eca a favore di Rita Cesana.
Intanto, con l’arrivo degli alleati inglesi, Rita è l’unica persona di Piobbico in grado di comunicare con loro.
Finalmente il marito si riunisce alla famiglia e insieme verso la fine dell'anno tornano a Urbania. Tuttavia solo nel giugno del ’45 possono riprendere la strada di casa e rivedere Venezia. La figlia Anna vivrà per anni le conseguenze del trauma subito, anche per aver assistito di persona a eventi bellici cruenti separata dai genitori.